Qualsiasi disciplina sportiva, oltre ad avere delle basi puramente competitive, ha avuto un impatto importante sugli aspetti più disparati della vita delle nostre società. Lo sport, nelle sue forme più pure, è l’insieme delle attività motorie e capacità psicofisiche che ogni atleta, professionista e non, impiega per il raggiungimento di un fine. Questo fine non sempre vede la sua realizzazione nella vittoria di un campionato o di una gara, ma può essere molto spesso ritrovato in obiettivi alternativi, desideri personali o nel semplice piacere di lavorare in gruppo e stringere rapporti interpersonali.
Il quidditch, sport giovane e in continua espansione, trasmette ai praticanti un immenso ventaglio di traguardi da raggiungere che trovano la propria espressione nelle realtà più disparate. Potremmo dire che il quidditch ha una forte componente politica, in quanto nasce come sport misto, inclusivo, aperto all’immenso spettro dell’identità di genere e molto vicino alle realtà LGBT. Un fattore importante è quello delle opportunità che la componente “organizzativa” del quidditch offre ai giovani, professionisti, laureati e non, di fronte alla volontà di permettere a chiunque di riscoprire se stesso e le proprie capacità e di sviluppare esperienze di lavoro volontario utili per costruire qualcosa che, al giorno d’oggi, risulta molto richiesta e allo stesso tempo difficile da ottenere: delle competenze pratiche. La costituente multiculturale del quidditch, inoltre, ha un forte impatto sulla comunità, in quanto permette di abbattere tutte le barriere imposte dalla distanza, dalla lingua, dagli stereotipi e dai pregiudizi.
Il quidditch è il bacino all’interno del quale convergono tutte le caratteristiche lampanti delle nuove generazioni, che incontrano una visione moderna della realtà sociale che ci circonda e che rispecchia una mentalità del tutto innovativa, acquisita dopo secoli di discriminazioni e la cui curva nel grafico della funzione punta, fortunatamente, verso l’alto.
Il quidditch trova le sue origini in una contea del Vermont, Middelbury, dove un gruppo di studenti universitari sviluppano un regolamento base ispirato all’omonimo sport fittizio nella saga di Harry Potter. A partire da Middelbury il quidditch si è espanso a macchia d’olio grazie agli sforzi dei primi pionieri di questa realtà. «Il nostro obiettivo era quello di fare notizia.» spiega Alex Benepe, uno dei maggiori esponenti del quidditch americano, durante un’intervista per il blog TreAnelli nel Marzo 2017 «Organizzammo un tour di sette giorni durante il quale visitammo sette college diversi e organizzammo partite dimostrative. Ben presto arrivammo a coprire moltissimi mezzi di comunicazione: finimmo in diretta nazione sul CBS Early Show di fronte a due milioni di spettatori. Siamo apparsi su MTV, ESPN, e sulla prima pagina del Boston Globe. Abbiamo fatto anche una forte campagna di diffusione su Facebook. Dopo aver creato il primo regolamento vero e proprio, abbiamo censito le squadre in un database per poi invitarle ad ogni torneo.»
Alex Benepe fece parte di quel gruppo di studenti che, nel 2005, inventarono il “quidditch per babbani” e tutt’ora, quindici anni dopo, non manca di dare il suo contributo a questa realtà e, a dirla tutta, non manca neanche un appuntamento internazionale! Molti giocatori di quidditch, infatti, hanno avuto il piacere di incontrare Alex durante i Mondiali che si tengono ogni due anni da qualche parte nel mondo e, così come lui, anche un numero esorbitante di conoscenti, amici e compagni che vivono a milioni di chilometri di distanza, spesso anche oltreoceano, e che il quidditch è riuscito ad unire.
Uganda, Vietnam, Malesia. Sono solo alcuni dei paesi al di fuori dell’Europa e degli USA dove il quidditch è approdato. Brasile, Nuova Zelanda, Korea, Hong Kong. Durante l’ultima World Cup, svoltasi in terra nostrana, a Firenze, nel 2018, furono ventinove le nazionali presenti. Un tripudio di culture, lingue e caratteristiche somatiche differenti, tutte racchiuse nello stesso complesso sportivo, non possono che farci riflettere su quanto siano poche le differenze che distinguono gli esseri umani tra di loro, qualunque sia il loro posto nel mondo.
Alla domanda «qual è la cosa più importante che il quidditch ti ha donato?» Alex risponde: «l'importanza di ascoltare e capire gli altri» frase che, in un certo qual modo, accomuna tutta la nostra comunità. Imparare ad ascoltarsi e comprendersi, a parole o a gesti, tramite una lettera o un messaggio in chat, in un post sui social media o con un semplice sorriso ci permette di creare legami che prescindono dalla nostra bravura in campo, dal risultato di una competizione o dalle nostre capacità relazionali. Anche i più timidi e introversi, spesso, trovano qualcuno che li accompagni in questo intimo percorso comunitario, dove ognuno può scegliere quale obiettivo porsi e come perseguirlo.
«Il quidditch è stata la più grande forza della mia vita sin dal principio. Ho incontrato molti dei miei più cari amici grazie al quidditch, ho avuto la possibilità di viaggiare per gli USA e per tutto il mondo, grazie al quidditch; vivo a Los Angeles grazie al quidditch; ho ottenuto il mio attuale lavoro grazie al quidditch e molte donne sono entrate nella mia vita attraverso il quidditch. E' uno sport che mi ha dato veramente molto.» e come Alex, migliaia di persone possono dire lo stesso. Oltre il quidditch, oltre la competizione, oltre l’aspetto puramente sportivo veniamo in contatto con qualcosa che pochi altri contesti hanno la capacità di offrire: una community multiculturale, unita da una passione in comune.